I Micro momenti (micro-moments) nel marketing digitale: la nuova frontiera


28/09/2017
Fabio Di Gaetano
Strategist e Department Manager
micro-moments

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Fabio Di Gaetano
Strategist e Department Manager
Dal 2003 mi occupo di marketing e strategie digitali al servizio del business e ho contribuito a fondare il team Argoserv.
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Fabio Di Gaetano
Sono autore del libro SEO Energy e fra gli autori del Manuale Ninja del Web Marketing: sono docente e formatore per Ninja Academy, la business school del “Il Sole 24 Ore” e lo IUL.

I micromomenti sono quegli istanti nell’arco della giornata in cui si manifesta una necessità, un bisogno o una curiosità (con cui può anche iniziare o terminare il processo d’acquisto di un bene o servizio) che vengono soddisfatti tramite una consultazione online. La conquista di tali micro momenti è diventata, secondo Google, il nuovo terreno di sfida dei marketer (digitali e non).

L’imperativo categorico del marketing (non solo del real time marketing) è infatti quello di presidiare tutti i punti di contatto (touchpoints) del processo decisionale dell’utente (buyer’s Journey) in qualunque istante si manifestino. La soddisfazione del bisogno nei microments avviene prevalentemente tramite la consultazione dello smartphone che è il device sempre più presente nella vita dei millennials e della generazione C. Se il concetto può sembrare astruso, il breve video di Google lo spiega molto semplicemente, meglio di quanto possano fare mille parole.

Perché i micro momenti sono diventati così importanti nel marketing?

Perché l’avvento del mobile (ricordiamo che stando alle dichiarazioni di Google, in dieci mercati fra i quali quello degli USA le ricerche da dispositivi mobili, hanno già superato le ricerche da desktop) ha stravolto completamente il modo di ricercare, di informarsi e di soddisfare i bisogni, sia che si tratti di necessità e decisioni di acquisto poco rilevanti, sia che si tratti di scelte importanti (in questo caso comunque il buyer’s journey è più lungo e complesso: per approfondire ti rimando al video in fondo alla pagina in cui sono presenti alcune riflessioni e spunti interessanti).

Il trend è in continua ascesa e, senza avere la bacchetta magica, si può asserire che presto le percentuali di ricerche e di navigazioni “mobile” supereranno di gran lunga quelle da desktop anche nel resto del mondo connesso. Pensare mobile first non significa solo realizzare siti ed e-commerce progettati per dispositivi portatili (responsive o mobile) ma significa reimmaginare completamente l’esperienza dell’incontro dell’azienda con l’utente che, risulta totalmente differente, rispetto agli schemi con cui eravamo abituati a confrontarci.

Ti faccio un esempio concreto: hai realizzato un sito mobile friendly e grazie ad un buon posizionamento SEO o ad una campagna SEM o meglio di Pay per click hai un’ottima visibilità “in astratto” su Google (cioè se effettui una ricerca in incognito vedi che nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca compari nelle prime posizioni).

Senonché ti accorgi che Google, per la query che ti interessa e quindi per le parole chiave (keyword) calde per il tuo business, restituisce dal cellulare (ma la tendenza si sta ampliando anche nelle ricerche da desktop) pagine di risposte local (es keyword Milano, keyword più Roma) dando la preferenza ad aziende e professionisti che fanno capire a Big G di essere radicati sul territorio.

Il fatto che abbia un ottimo posizionamento in astratto ed un sito in grado di convertire non ti porterà granché: competitor solo un po’ più furbi che magari hanno impostato una strategia local, riusciranno ad intercettare più utenti di quanto non riesca a fare tu. (Se nel tuo settore di riferimento sta avvenendo tale fenomeno forse è venuto il momento di ripensare anche la tua strategia SEO).

Perché si parla di micro momenti

Come ti ho anticipato, l’era del web mobile e l’avvento della generazione C (quella degli utenti sempre connessi) hanno stravolto anche le modalità con cui si effettua la ricerca: se prima le decisioni importanti venivano prese o condivise in momenti specifici della giornata ed in orari prevedibili e lo strumento utilizzato per scegliere, informarsi e comparare era il desktop, oggi sempre più spesso, le ricerche diventano frammentate ed avvengono in orari imprevedibili (durante le attese in una fila, durante un viaggio in metro etc…)

Ecco i dati a conferma: “People pursue big goals in small moments. 90% of smartphone users have used their phone to make progress toward a long term goal or multi-step process while “out and about.”

Avere un cellulare a portata di mano cambia anche il modo di agire delle persone diventate sempre più multitasking “People try new things in routine moments. 91% of smartphone users turn to their phone for ideas while doing a given task.”

Da uno studio tratto dai dati di Google Analytics risulta che le sessioni di ricerca aumentano in valore assoluto ma se ne riduce il tempo (la durata). Non solo, lo studio commissionato da Google evidenzia (se ce ne fosse stato ancora bisogno) che anche l’acquisto in store (in un luogo fisico) è condizionato dal fenomeno mobile. L’82% di coloro che acquistano mentre in store consultano il cellulare… (Ricordo stiamo parlando di millennials, cioè di persone nate dopo il 1980).

Come si coniugano Zmot Micro-moments e l’inbound marketing

Come abbiamo già visto ampiamente studiando l’inbound marketing, obiettivo del bravo marketer digitale, deve essere quello di cercare di comprendere la buyer persona (ovvero il potenziale cliente) e il suo buyer’s Journey (ovvero il percorso tramite il quale esso può venire in contatto col brand). Quando si profila la persona quindi è diventato indispensabile cercare di delineare i suoi micro momenti per tentare di prevederli ed intercettarli. Per intercettarli ed esserci bisogna prima conoscerne la natura…

Quali sono i 4 tipi di micromomenti?

#1 I-Want-to-Know Moments: voglio sapere

Il nostro utente è in fase esplorativa, non vuole acquistare (almeno per ora) ma è in cerca di informazioni o intende soddisfare una curiosità. Si tratta di un’esigenza che può manifestarsi in qualsiasi periodo della giornata e può essere innescata da qualsiasi evento.
Il 66% del campione scelto da Google afferma di informarsi sul cellulare in merito alle novità di cui viene a conoscenza tramite la pubblicità televisiva.

#2 I-Want-to-Go Moments: voglio andare

Il nostro potenziale cliente cerca un negozio o un’attività vicina (qui l’intenzione di acquisto è più evidente). Se riesci a farti vedere in tali momenti, le tue probabilità di essere preso in considerazione aumentano notevolmente. Sappi che secondo Google le ricerche di prossimità sono raddoppiate nell’ultimo anno.

#3 I-Want-to-Buy Moments: voglio acquistare

Hai già l’acquolina in bocca… In tali momenti devi “aiutare a farti scegliere”.
Per farti trovare con la giusta proposta devi necessariamente esserci. (Ricorda: i millennials prima di acquistare anche in uno store smanettano sul cellulare).

#4 I-Want-to-Do Moments: voglio fare

La nostra audience è in continua ricerca di informazioni operative, sempre più spesso vuole imparare, vuole sapere come fare (how to moments). Non conosciamo la relazione e il collegamento con l’eventuale acquisto e la fase nel funnel in cui si trova il nostro utente ma è sempre più importante comunque esserci. Se ti può essere di stimolo sappi che su youtube le ricerche collegate agli how to crescono con una media del 70% l’anno.

Ok, la fase teorica la conosci ma come fai a trasformare la teoria in suggerimenti operativi utili per fare profitti?

Come vincere nel campo di battaglia dei micro moments

Qui è Google stesso che ti fornisce la ricetta:

  1. devi tracciare una mappa identificando la serie di momenti in cui è indispensabile farti trovare. Quegli istanti in cui la gente cerca ispirazione, soddisfa curiosità, vuole acquistare ed in tutte le fasi intermedie importanti;
  2. usa l’empatia, produci contenuti o applicazioni utili nei momenti in cui si manifestano i bisogni. Domandati sempre come poter semplificare la vita al tuo utente;
  3. tieni conto del contesto in cui avviene la ricerca per dare l’informazione su misura (per saperne di più leggi anche: fare business col marketing di prossimità);
  4. fornisci un’esperienza unica non frammentata: fai cioè in modo che le tue comunicazioni ed i tuoi messaggi siano coerenti e frutto di una strategia unitaria;
  5. misura, misura, misura con gli strumenti di analisi opportunamente settati.

Prima di concludere lasciandoti un video ricco di spunti ed esempi ed alcune fonti utili, ti ricordo che quello sui micro-moments è uno studio “interessato”: Google naturalmente tende a spingere i suoi canali a pagamento e Youtube.

Peraltro le conclusioni a cui Big G arriva sono preziose per farci riflettere sul come approcciare la nuova realtà “mobile” sia sui motori di ricerca (Youtube compreso) che sui social, che con il proximity marketing.

E tu sei pronto per sfruttare i micro momenti?

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