Marketing 3.0 e Good WorksLe imprese possono migliorare il mondo puntando a fare utili? Esiste un modello di marketing “sociale vincente”, con un ROI interessante ed appetibile? Agli interrogativi suesposti hanno cercato di rispondere Kotler, Hessekiel e R. Lee in Good Works!.

Il libro è la prosecuzione ideale di Marketing 3.0 (scritto da Kotler assieme a Kartajaya e Setiawan) in cui il guru americano racconta, in maniera coinvolgente, la storia del marketing passato dalla focalizzazione sul prodotto (1.0), a quella sul consumatore (2.0) a quella sull’animo delle persone (3.0).

[notice]Se vuoi approfondire ed arricchire la tematica, ti suggerisco anche l’acquisto di “Create!” di Mirko Pallera, testo altrettanto stimolante e dalle ampie vedute.
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Il Marketing 3.0 e la Fine del Consumatore come “Bersaglio”

In tale affascinante libro (che sicuramente diverrà un testo studiato in tutte le business school del mondo) Philip e co. ci spiegano come le imprese non debbano più concentrarsi su bersagli, (target), non debbano studiare strategie militari tipiche del marketing anni ’80 (ricordo di aver letto un libro dal titolo marketing è guerra), non debbano ingannare i consumatori, seducendo il loro ego o puntando ai loro istinti primordiali, ma debbano risuonare all’unisono con i propri clienti, cercando di far vibrare le corde più “nobili” dell’essere umano, quelle spirituali.

La lettura di Marketing 3.0 è scorrevole ed emozionante, ma Kotler con Good Works ha voluto tornare sull’argomento, rivolgendosi a quei marketer meno interessati al risvolto poetico e sociale del proprio lavoro e mirando alle tasche ed alla testa degli specialisti del settore e delle aziende.

Il professore della Kellogg University spiega concretamente come far coincidere la tensione sociale dei consumatori e/o degli impiegati (cosa c’è di più nobile di fare del mondo un posto migliore?) con l’interesse dell’impresa: doing good doing well.

 

Good Works e il Modello della “Social Business Enterprise”

Dal romanticismo ideale del libro precedente si passa ai “freddi numeri” ed ai piani di marketing vincenti, che portano profitti e vantaggi concreti e misurabili: si sa, le parole infiammano, ma è l’esempio a trascinare. Good works è un how-to, una guida per sviluppare strategie “sociali” di successo e delineare il modello della “social business enterprise”, l’azienda che produce denaro mentre trasforma la società in cui opera.

È un libro di fatti con idee destinate ad addetti ai lavori, con suggerimenti utili per progetti di marketing mix e campagne sui social media, che sicuramente convertirà numerosi professionisti al nuovo credo.

Il risultato che emerge in maniera evidente, con dovizia di dati tratti dalla casistica esposta, conferma l’assunto iniziale: la ricerca del profitto sposata intelligentemente a cause sociali può compiere il “miracolo” di creare un mondo migliore e fornire un vantaggio competitivo alle aziende che sanno risuonare all’unisono con i sentimenti, le tensioni e le aspirazioni del proprio mercato e delle proprie organizzazioni.

 

Il modello di business e la responsabilità sociale delle aziende

Per convincere i più scettici ad adottare il nuovo approccio, Kotler parte da un dato “market oriented”: la maggior parte dei consumatori intervistati nel 2011 da  The Cone/Echol Global CR Opportunity Study ritiene che il mondo del business debba avere responsabilità sociali che vadano oltre la semplice ricerca del profitto.

Fin qui nulla di nuovo: le aziende potrebbero anche ignorare tali aspirazioni o potrebbero fare la classica donazione ad una charity se non dipendesse dal fatto che imprese “smart” sposando intelligentemente cause sociali riescono a ottenere molto di più potendo:

  1. incrementare le vendite e le quote di mercato;
  2. rafforzare il posizionamento del brand;
  3. potenziare l’immagine aziendale;
  4. accrescere la capacità di attrarre, motivare e trattenere impiegati;
  5. far decrescere i costi operativi;
  6. avere un maggior appeal nei riguardi degli investitori e degli analisti finanziari (leggi maggiori quotazioni, migliori rating ergo minori costi per il finanziamento).

Non solo, le aziende che praticano politiche rispettose dell’ambiente, dei luoghi di lavoro, delle comunità circostanti, che applicano le c.d. best practices vengono viste meglio anche dagli organismi di controllo e supervisione incorrendo in meno sanzioni e multe.

 

Dalla Beneficenza di Facciata alle Cause Sociali come Scelta

Per tale serie di ragioni il mondo degli affari raccontato da Kotler è passato dalla beneficenza di facciata (sentita come un obbligo morale) ad un legame programmatico con cause sociali inteso come scelta strategica vitale per l’azienda: doing well doing good è il nuovo must delle Aziende 3.0.

E in questo trend si riconoscono molte star del business (fra cui anche alcuni brand nostrani) Microsoft, Dupont, Coca Cola: Nike, Patagonia, Eni, Starbucks, Luxottica, sono solo alcuni dei casi citati.

Sono riportati anche esempi di aziende che dal nulla sono diventate colossi grazie ad attente scelte socialmente responsabili: un esempio eclatante è TOMS un produttore di scarpe che da un magazzino di Santa Monica ha conquistato l’America in poco tempo.

 

Come fa un’Azienda a Sposare una Causa Sociale?

Naturalmente, poiché si tratta di business, c’e’ bisogno di un approccio scientifico, di una comparazione costi benefici: prima di abbracciare una causa bisogna fare opportune valutazioni considerando l’affinità con il proprio mercato, con il settore di riferimento, con il luogo nel quale si opera, con gli interessi dei lavoratori dell’azienda.

Una volta effettuata la scelta bisogna cercare l’iniziativa specifica da intraprendere fra le sei citate da Kotler: cause promotion, cause related marketing, corporate social marketing, corporate philantrophy, workforce volunteering, socially responsible business practice.
(Ti rimando alla lettura del libro in cui sono spiegate perfettamente le tipologie di azioni con vantaggi e svantaggi di ciascun approccio ed in cui vengono dati tutti i suggerimenti del caso).

Molte aziende fanno un mix di tali strategie, alcune le utilizzano tutte. Selezionate causa ed azioni, bisogna pensare ad un piano di sviluppo e verifica con gli opportuni follow up.
Infine c’è la fase della valutazione del ROI (ritorno sull’investimento) inteso in senso molto lato. È in questa fase che arrivano le belle sorprese se tutto è stato studiato e realizzato con accuratezza.

 

La Mission delle Nuove Aziende: Migliorare il Mondo

Il messaggio finale rivolto ai marketer ed al management delle aziende è il seguente: se volete migliorare i profitti e fare del mondo un posto migliore, scegliete oculatamente la vostra causa, innamoratevene, ideate un piano, seguitelo con un attento monitoraggio e i risultati non tarderanno con frutti copiosi.

Infischiatevene inoltre di coloro che faranno dietrologia e contesteranno i risultati delle Vs azioni a priori. Se sarete limpidi e trasparenti, vincerete anche la diffidenza dei contestatori “a prescindere”.

Il libro si inserisce in un filone comune ad altre pubblicazioni in ambito non “markettaro”: ho ritrovato molte similitudini concettuali con testi contemporanei (Es. The Age of Empathy di Rifkin,) con recenti ricerche scientifiche (si pensi ai recenti articoli su New scientist sul “gene altruista”) per non parlare del classico Nonzero: The Logic of Human Destiny vero e proprio inno ai vantaggi della logica collaborativa.

Il messaggio per il futuro, da sposare e diffondere è che esistono dinamiche non sottrattive, di tipo win win, che portano benefici ai singoli ed al mondo nel suo complesso: e sono queste logiche a darci prosperità i e che ci consentono di crescere assieme al benessere dei meno fortunati.

Se possono essere da sprone vorrei concludere con le paole di Barack Obama:

offrendo la loro abilità, supporto finanziario, e creatività a cause più grandi di loro generosi filantropi corporate rafforzano le nostre comunità ed arricchiscono le nostre vite.

Che il nuovo credo possa fare molti proseliti: doing good doing well.